15 Maggio 2018

Un “Patto per la fabbrica” che recupera produttività nell’epoca della disintermediazione

Prima che la democrazia elettorale e politica rivelasse lo scorso 5 marzo come nel Paese prevalga la preferenza di modelli di rappresentanza basati su maggiore disintermediazione fra cittadini e, appunto, i loro rappresentanti, i corpi intermedi italiani deputati alla sintesi degli interessi collettivi industriali e dei lavoratori – Confindustria e Sindacati – hanno stipulato un “Patto per la Fabbrica”.
L’Accordo Interconfederale – dalla denominazione già abbastanza esplicativa circa i presupposti sui quali si fonda – ha l’obiettivo di definire un nuovo modello di relazioni industriali più efficace e partecipativo per favorire la trasformazione generata da Industria 4.0, rafforzare la competitività del Paese e recuperare la produttività delle imprese. Probabilmente c’è qualcosa di nuovo sul fronte delle Parti sociali: porre al centro un’agenda politico-economica condivisa per rispondere al bisogno e ai motivi che vengono consegnati – tanto agli attori istituzionali e ai diversi player di mercato quanto ai consumatori – dallo sviluppo dell’innovazione tecnologica. Uno sviluppo in cui il sapere esperto viene sempre più condiviso e dove la disintermediazione diventa la strada per scavalcare i tradizionali rappresentanti che presidiavano le filiere dell’economia, della cultura e della politica, a scapito delle istituzioni politiche e culturali e delle imprese.

Nel “Patto per la Fabbrica” emerge la volontà delle Parti Sociali di aprirsi alle necessarie innovazioni nel mondo delle relazioni industriali, attraverso un modello contrattuale “su misura” dei territori e delle aziende, affinché le risposte alle sfide di Industria 4.0, come aumento della produttività e revisione delle politiche salariali, flessibilità, smartworking, formazione continua, valorizzazione del link scuola-lavoro, siano la chiave delle produzioni ad alto valore aggiunto.

Ecco perché è necessario implementare sia gli investimenti infrastrutturali pubblici e privati che quelli nella formazione del capitale umano, in base ad un adeguato contesto normativo e culturale. Incremento tanto più fondamentale in una fase di transizione altamente pervasiva come quella determinata dal digitale e dall’intelligenza artificiale, derivata dalla quarta rivoluzione industriale e finalizzata ad una maggiore automazione di impianti e processi produttivi e alla creazione di nuovi ruoli e competenze professionali da adeguare.

È, quindi, proprio su queste direttrici che si gioca oggi la sottile partita per l’equilibrio sotteso a regolare il mercato professionale. In tal senso si collocano le più recenti attività in materia di Politiche attive svolte da Anpal. Ad esempio, si registra il Protocollo stipulato fra l’Agenzia e Assotelecomunicazioni-Asstel volto a mettere assieme domanda e offerta di lavoro fra aziende dello stesso settore, ragionando in una logica di filiera, attraverso leve concrete per mettere insieme una rete di interscambio e creare un sistema che consenta la mobilità fra attori del mercato del lavoro anche nella gestione di crisi aziendali mediante progetti integrati di riqualificazione/riconversione professionale e, quindi, ricollocazione e reinserimento.

Giovanni Saracino, HR Advisor, Relazioni industriali e Gestione del Personale