
Quali conseguenze avrà la pandemia per la persona e per la società nel suo complesso? La crisi in questione implica lezioni di cui fare tesoro nel prossimo futuro, e se sì quali? E come sarà la prossima normalità post-covid che tutti aspettiamo con ansia per mettere da parte la paura, la rabbia e l’incertezza che ci hanno accompagnato in questi giorni? Come cambierà il nostro modo di lavorare e produrre? In un mio recente libro, intitolato Il quarto shock, ho proposto al lettore il primo tentativo di costruire una filosofia del presente sulla pandemia da Covid-19 esplorando tre ipotesi filosofiche e traendo qualche possibile conseguenza pratica.
Innanzitutto, al centro del nuovo paradigma, oggetto di indagine anche della filosofia, ci sarà la riscoperta della complessità. Complessità sistemica che ci impone da un lato di pensare e operare in termini di intelligenza collettiva, dall’altro lato, di favorire una robusta resilienza della natura.
Intelligenza collettiva significa che i grandi problemi di oggi non si risolvono in solitario. La pandemia da covid-19 ci rende evidente che non dovremo abbandonare le competenze individuali, ma semplicemente sarà necessario integrarle. Il problema sanitario è la punta di un iceberg. Sotto si celano i problemi ecologici, economici, politici, di comportamento. Solo il lavoro di squadra permette di entrare nel merito di un insieme così intricato. Oggi abbiamo diffuse potenzialità di processare big data. Quello che ancora in parte manca e possiamo contribuire a costruire è la capacità culturale collettiva di interpretarli.
Simile argomento si potrebbe adoperare per quella che ho chiamato resilienza della natura. Quella natura che noi abbiamo violentato e offeso in nome del successo economico e del progresso tecnologico. Si può, come ho tentato di fare nel libro, legare il discorso sulla salute pubblica con quello sulla tutela della natura. Non sono la stessa cosa, ma più andiamo avanti più si scopre l’interdipendenza tra di loro. Non ha più senso continuare a lavorare contro il contesto ambientale nell’ottica miope di un guadagno immediato.
In secondo luogo, la filosofia può giocare un ruolo rilevante nell’ottica del nuovo paradigma basato sulla complessità per la sua capacità di essere “inter-lineare” e critica. Avere una visione filosofica, e quindi interlineare e critica, vuol dire innanzitutto mettere insieme il punto di vista etico e quello economico. Per l’etica, soprattutto se prendiamo in considerazione la sua origine kantiana, la vita ha una “dignità” che non ha prezzo. Non così per l’economia. Per l’economia, anche le vite umane hanno un prezzo.
La pandemia ci ha fatto riflettere su come comportarci in materia nel prossimo futuro.
Nel secondo caso, la scissione verte invece su due aspetti della conoscenza. In che senso la conoscenza oggettiva comporta una trasformazione anche del soggetto conoscente? La mia tesi è che queste due scissioni sono superabili nell’ottica di una concezione del valore. Tale teoria vedrà continuità dell’io nelle scelte pratiche e trasformazione del sé come conseguenza di un serio impegno epistemologico.
In terzo luogo, si deve riflettere sul ruolo che l’idea di valore giocherà nel paradigma.
La visione del valore come unita organica sembra in grado di integrare l’elemento soggettivo con quello oggettivo. Valore come unità organica vuol dire che il tutto ha più valore della somma delle sue componenti. Si pensi ad esempio a Messi e la squadra del Barcellona, Muti e una grande orchestra sinfonica, e via di seguito.
Nel nostro caso, l’idea di valore come unità organica ci interessa perché potrebbe consentire di congiungere in un unico paradigma le scelte economiche e cognitive da una parte e i vincoli etici dall’altra.
Le proposte che ho indicato possono sembrare terribilmente distanti dalle fratture sociali e politiche che hanno caratterizzato questi ultimi anni. Eppure non è così. Basta pensare a quella tra masse ed élites, che ha avuto tra le sue ricadute la sfiducia nella scienza e in generale nell’expertise e nella competenza. Da questo punto di vista, non è impossibile che la rilettura del sapere in termini di intelligenza collettiva e di rinnovata consapevolezza spirituale che abbiamo suggerito possa contribuire a dare maggiore credibilità proprio alla scienza e alla competenza. Ne verrebbe fuori una visione della scienza meno elitistica e specialistica e più partecipata da forme di sapere diverso, in cui le humanities hanno un loro ruolo significativo. In secondo luogo, abbiamo vissuto anni in cui abbiamo esperito una frattura profonda tra individualismo e senso della comunità. Volendo metterla in maniera giornalistica, si tratta della distanza che separa Trump da Bergoglio. Anche da questo punto di vista, non si può negare che la nostra visione dell’economia come sapere anche eticamente rilevante e soprattutto la concezione del valore come unità organica possano dare un contributo intellettuale al superamento della scissione.
Prof. Sebastiano Maffettone, Direttore Ethos Luiss Business School