2 Luglio 2021

Intervista all’Avv. Gregorio Consoli, Managing Partner Studio Chiomenti

Avv. Gregorio Consoli, Managing Partner Studio Chiomenti, laureato nel 2002 in Giurisprudenza

 

Quale ruolo si preparano a giocare gli studi legali nella partita del PNRR, il Piano di ripresa e resilienza che promette di ridisegnare il volto del Paese e rilanciarlo insieme al resto dell’Unione europea?

Il PNRR è un piano epocale. Non lo vedrei solo limitato a cosa possiamo fare come professionisti, ma più in generale come istituzioni economiche che operano nel paese.

Il PNRR traccia una rotta chiara in direzione della sostenibilità, dell’innovazione e dell’inclusione. Le risorse sono investite in energia verde, digitalizzazione e gli obiettivi di inclusione sociale ed economica sono considerati obiettivi trasversali tra le diverse aree di intervento. Ecco, io credo che questa direzione debba essere adottata e fatta propria da tutte le istituzioni, è una occasione per l’adozione di comportamenti collettivi che portino il Paese in una nuova era. La nostra missione è in questa direzione.

Se poi vogliamo vedere all’aspetto puramente professionale, credo che gli studi legali – soprattutto quelli come il nostro che operano nel mondo degli affari – avranno un ruolo importante nella messa a terra dei progetti finanziati dal PNRR. Penso agli investimenti in energie rinnovabili, a quelli nelle infrastrutture (di mobilità e sanitarie), a quelli nella digitalizzazione. Questi saranno gli ambiti professionali più rilevanti.

Accanto a questo, l’enorme mole di riforme prevista dal PNRR, come riforme essenziali e quelle abilitanti, richiederà agli studi un grande lavoro di studio, analisi e applicazione.

Ci sarà uno stravolgimento delle regole del gioco. Lo Stato, per realizzare quanto previsto nel PNRR, ha preso impegni sulla riforma del processo civile, penale, della giustizia tributaria, del procedimento amministrativo, dell’ordinamento giudiziario. Tutte queste riforme sono centrate sulla certezza del diritto. Sono a contatto tutti i giorni con gli investitori stranieri e quello che chiedono non è quante tasse devono pagare ma quante sono e per quanto devono pagare. Vogliono prevedibilità e certezza del diritto.

Ciò che viene richiesto all’Italia in tema di fisco prevedibile, certezza del diritto, corretta applicazione delle regole nel Mezzogiorno vale due volte: questi temi, insieme alla tutela della proprietà privata, rappresentano i presupposti imprescindibili, citati nel PNRR, per lo sviluppo del nostro Paese.

 

Cosa consiglierebbe a un giovane che vuole intraprendere la sua professione?

Essere flessibili. E capire che il mondo è in continua evoluzione. Servono strumenti per realtà complesse.

Ogni volta che arriva una nuova collega o un nuovo collega in studio, invito a ricordarsi in ogni cosa che fa e in ogni fase della crescita, di provare ad applicare quello che ha studiato e quello che ha imparato fino a quel punto, provando sempre a dare un contributo unico e cercando sempre un equilibrio (variabile) tra la delega ai colleghi più giovani e la verifica del loro operato. Non mi piace dare consigli, ma se devo darne uno è questo: cercate sempre un nuovo equilibrio, diverso dal precedente e sapendo che, per andare, avanti, dovrete trovarne uno ancora diverso.

 

Qual è la maggiore fonte di ispirazione?

Quello che mi ispira sono le persone. Adoro gli esseri umani perché sono capaci di cambiare sempre. Mi piace la diversità in tutte le sue forme: di esperienze, culturale, di genere, di provenienza. Tutti i professionisti che lavorano con me sanno che trovo stimolante mischiare le diversità e trarre insegnamento dall’interazione generata.

 

Da bambino cosa sognava di fare? Immaginava il percorso professionale effettivamente intrapreso? Quanto è soddisfatto di sé?

Sono soddisfatto del mio percorso perché mi sono divertito e mi diverto ancora. Sono nello stesso studio da 20 anni e ho cambiato molti ruoli e modo di lavorare. Anche il contesto economico è profondamente cambiato: il mondo romano, negli anni 2000, quando ho cominciato a lavorare, era composto dalla centralità delle società pubbliche, dalle banche (allora tante italiane), delle imprese. Poi l’Italia si è polarizzata e il mondo pubblico ed economico hanno trovato la loro centralità a Milano.

La carriera in studi come il nostro è molto veloce: sono entrato come un giovanissimo ragazzo appena uscito dall’università, poi mi hanno affidato il compito di seguire un cliente e infine sono diventato un punto di riferimento per il cliente.

Oggi vivo a Milano e quindi è cambiato sia il contesto esterno – sia dal punto di vista economico che storico – che il mio ruolo all’interno dello studio.

Immaginavo di fare tutt’altro nella vita: sono figlio di medici, pensavo che lo sarei diventato anche io. Poi a diciotto anni, partecipo alle selezioni Luiss, indeciso tra le facoltà di Scienze Politiche e Giurisprudenza.  Ho scoperto con il tempo la voglia di fare l’avvocato, non era il mio sogno da bambino.

La Luiss era già allora un posto che – se vissuto appieno – dava opportunità dal punto di vista culturale, professionale e relazionale oltre ad essere un posto divertente. Sono stato un fuori sede e vivevo l’Università tra lezioni e associazionismo. Quando arrivai a Giurisprudenza esisteva l’associazione degli studenti di Scienze Politiche ma non quella di Giurisprudenza, così con tanti amici la creammo. E allo stesso modo, dopo qualche anno, ci facemmo promotori della settimana della matricola!

In quegli anni ho incontrato tante persone interessanti che hanno scelto professioni diverse: avvocati, giornalisti e dirigenti d’azienda. Molti di loro sono diventati e rimasti amici di vita e di sempre. Alcuni sono rimasti a Roma, altri sono nelle loro città di origine, altri ancora a Milano. È sempre bello rincontrarli.

 

Quali obiettivi da raggiungere ha ancora in serbo?

Con il nuovo ruolo di managing partner non solo esercito la professione di avvocato ma mi occupo anche del ruolo di facilitatore dell’innovazione dello Studio.

Lavoro nello Studio più antico d’Italia. Uno potrebbe pensare sia una sorta di monolite, ma in realtà questo studio, dalla sua costituzione nel 1948, si è saputo rinnovare decine di volte crescendo e evolvendo. Il segreto della sua sopravvivenza è stata questa sua capacità di innovarsi sempre.

Ora grazie al nuovo ruolo che mi è stato affidato, ho come obiettivo professionale, l’onere e l’onore di contribuire all’innovazione di questo studio. L’altro obiettivo che mi sono prefisso, più personale, è quello di contribuire in maniera attiva ai temi della diversità e dell’inclusione. Il mio personale investimento sul futuro è centrato sul dovere di perseguire questo fine, lavorandoci quotidianamente.

 

Il tuo Mantra, la tua personale frase motivazionale

Ne ho tanti. Ma se devo sceglierne uno è: “talent wins games but teamwork and intelligence wins championships”.

Lo diceva Michael Jordan, forse il più talentuoso sportivo di sempre. E per me è una religione, non conta solo il talento delle persone, ma nel nostro mondo conta investire sulla costruzione e l’organizzazione della squadra. Nel mio piccolo, ci provo ogni giorno.

 

Chiara Rinaldi, Giornalista