18 Luglio 2022

Intervista a Andrea Carlucci, Chairman, Vice President Product & Marketing di Toyota Motor Italia

Andrea Carlucci, laureato in Scienze Politiche, indirizzo internazionale, alla Luiss nel 1996. Chairman, Vice President Product & Marketing, già amministratore delegato dal 2015 al 2017 di Toyota Motor Italia.

 

Perché ha scelto di studiare alla Luiss?

All’epoca la mia famiglia viveva in Spagna e la mia idea era quella di tornare in Italia pur continuando ad avere un piede in Spagna.

Agli inizi degli anni 90 la Luiss, a differenza di altre università, era già molto avanzata ed era nota soprattutto per i programmi Erasmus. Proprio io ed un mio collega fummo i primi a beneficiare dell’apertura dei canali con la Spagna e dell’estensione del periodo da sei mesi ad un anno.

Da romano mi attiravano molto i fuori sede e così ho avuto modo di conoscere in Luiss quelli che ancora oggi sono gli amici più cari con i quali mi frequento costantemente.

 

Quale carriera pensava di intraprendere?

Il mio sogno era diventare un diplomatico e la Luiss, offrendo la docenza di Pastorelli, era molto ambita. Per motivi legati ai tempi di ammissione, scelsi poi di iscrivermi alla SIOI in quanto potevo frequentarla anche se non ero ancora laureato e così scoprì che la carriera diplomatica non era la mia passione. Anche lì ebbi l’opportunità di costruire amicizie che sono tuttora in corso. Feci poi un master per intraprendere una carriera manageriale e avendo da sempre una grande passione per i motori ebbi l’opportunità di entrare in Ford. E così da 25 anni lavoro per l’industria automotive e ho potuto apprezzare come questo settore riesca a spaziare dagli ambiti della ricerca e di sviluppo a quelli del manufacturing, design e di come abbia un grande impatto sulla società e di conseguenza sulla mobilità e la libertà di circolazione degli individui. La libertà di viaggiare, infatti, fino all’avvento delle low cost era legato all’industria automotive. Adesso la trasformazione in atto ci sta conducendo alla micromobilità: le auto diventeranno come degli iPhone e avremo bisogno di ecosistemi affinché le auto siano connesse.

 

Neutralità carbonica, sostenibilità e inclusione sono gli obiettivi da raggiungere entro il 2030. Il settore automobilistico è in continua evoluzione: di fronte a quale scenario ci troveremo fra 10 anni?

Credo sia in atto una grande trasformazione che si sta accelerando sempre di più. L’Europa sta spingendo verso l’elettrificazione più di quanto il consumatore sia pronto. Ad ogni modo, come sempre, alla fine sarà sempre il cliente a scegliere. Al momento credo che nessuno possa essere davvero consapevole dei reali costi e dell’impatto economico di questa spinta. Oggi siamo in grado di contenere i costi delle decisioni prese per esempio riguardo la costruzione delle batterie. Certo è che l’Europa necessita di materie prime reperite all’estero. E allora bisogna chiedersi se davvero questa sia una scelta sostenibile. Credo che non saremo in grado di pervenire ad una carbon neutrality con un’unica soluzione. Se per estrarre il litio necessario per la produzione di batterie produciamo CO2, come è possibile garantire emissioni zero a tutti i livelli? La soluzione dobbiamo trovarla nella scoperta di metodi alternativi. Oggi, grazie al PNRR, è tornato in voga l’idrogeno, risorsa in cui ho creduto in tempi non sospetti e su cui ho fatto una grande battaglia quando ero amministratore delegato in Italia. Basti pensare che l’idrogeno verde può essere prodotto anche nei paesi in via di sviluppo attraverso pannelli solari e che la tecnologia legata all’uso di questa risorsa ha già dimostrato di essere adatta per essere applicata su camion e battelli anche se va ancora ottimizzata sulle automobili.

 

Sei soddisfatto della tua carriera internazionale? Hai raggiunto ciò che sognavi?

Io sogno sempre. Sono soddisfatto perché sono nella condizione di fare ciò che mi piace. Non si fa carriera per caso. Tutto si costruisce con molta volontà e un po’ di fortuna. Penso che il driver sia quello di ricoprire posizioni apicali perché ti offrono la possibilità di dare un indirizzo.

 

Che cos’è per te la leadership? Esiste secondo te una differenza di genere nel realizzarla?

La leadership oggi si risolve nel creare team. Attualmente guido team di giovani prevalentemente italiani. Questi giovani colleghi connazionali sono grande motivo di orgoglio per me: gli riconosco la sempre più grande capacità di adattabilità e di essere cittadini del mondo oltre alla preparazione.

Credo che esista una differenza nel modo di affrontare il business. Le donne hanno una leadership più partecipativa, ascoltano di più. Anche la leadership degli uomini sta andando in questa direzione. Ci assumiamo tutti i giorni rischi e responsabilità in modo sempre più partecipato in un momento in cui è difficile rimanere all’interno di un binario. In qualsiasi epoca tutto cambia ma oggi siamo chiamati a gestire giovani che ne sanno di più di noi. Bisogna ascoltarli e imparare da loro che hanno tanto da insegnare.

 

Che consiglio daresti ai giovani laureati Luiss?

Raccomando di essere curiosi. La curiosità è il motore di tutto. E’ una capacità trasversale e la identifico con la voglia di guardarsi intorno, di leggere e studiare. Fossi oggi un ragazzo italiano alla Luiss investirei in abbonamenti internazionali.

 

Qual è il suo rapporto con la cultura giapponese?

Lavorando in Toyota sono entrato in contatto con questa cultura tradizionale con cui la cultura italiana ha dei tratti siamo simili. I giapponesi hanno una grande attenzione per i riti e le formalità.

Vado spesso in Giappone, anche con la mia famiglia. Ciò che mi ha sempre affascinato della loro cultura, purtroppo agli antipodi dalla nostra e di cui invece avremmo grande bisogno, è il loro interesse per la responsabilità collettiva. Hanno una vera visione partecipata del “tutti si rema in una stessa direzione”. Dovremmo apprendere da loro e diminuire la nostra predisposizione all’individualità. La responsabilità collettiva rappresenta un concetto potentissimo: realizzare che “il mio interesse personale viene dopo quella della collettività” significa mettere in moto una forza straordinaria che non a caso ha reso il Giappone il terzo paese al mondo in termini di produttività.

La qualità che perseguiamo in Toyota nasce proprio da una visione di bene comune. I giapponesi credono nell’Handone che è una grande espressione di libertà e che  rappresenta la possibilità che anche l’ultimo degli operai possa interrompere in qualsiasi momento la catena di produzione per produrre qualità e il bene della collettività. Rappresenta quindi la libertà ma anche la responsabilità di fare una grande scelta per il bene comune.

Noi italiani invece ci distinguiamo per una significativa creatività che dovremmo però imparare a canalizzare meglio magari proprio superando l’individualità e pensando al bene comune.

 

Che rapporto ha con lo sport?

Ho praticato tanto sport e varie discipline nella mia vita e credo di aver imparato così innanzitutto il teamwork. Lo sport poi è una metafora della vita. Cito l’ex ct di pallavolo Velasco, che affermava che 11 persone non vanno dietro una palla, ma devono essere consapevoli del proprio ruolo. E’ un modo per dire che nessuno vale meno del goleador, che ognuno ha il proprio ruolo che deve essere esercitato con consapevolezza. Dallo sport individuale, dal nuoto in particolare, ho imparato l’automotivazione che mi è servita molto dal punto di vista manageriale: il senso di solitudine mi ha insegnato ad avere la capacità di reiventarsi, a motivarmi e di conseguenza a motivare gli altri.

Grazie al mio lavoro poi ho avuto la possibilità di approcciare lo sport paraolimpico verso cui in termini di inclusione sociale le aziende stanno prendendo le responsabilità dello stato. Questo tipo di sport sta portando alla luce i grandi temi che oggi impattano sulla società.

 

Qual è il suo motto?

“Be yourself; everyone else is already taken” – Oscar Wilde. (traduzione: Sii te stesso; tutti gli altri sono già stati presi.) che per me significa che tu puoi essere quello che sei, hai la libertà di essere te stesso e questo mi regala una grande serenità.

 

Come ti immagini tra 10 anni?

Con i miei affetti, in una casa in Toscana oggi in costruzione e soprattutto intento a recuperare le mie passioni: leggere e viaggiare per piacere e per conoscere i luoghi in cui sono stato solo per lavoro.

 

Intervista a cura di Chiara Rinaldi, Giornalista